Elena Leurini

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    Elena Leurini
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    “Sul tema dell’arte, in particolare, sono ancora più confuso. Tutto bello, tutti bravi., però prima o poi toccherà mettere anche quella di fronte alla ”necessità” dello sviluppo sostenibile e temo che sarà un’impresa tostissima”

    >>>sono d’accordo e la questione a riguardo è veramente complessa specialmente per quanto riguarda l’arte “ufficiale”. Non so da cosa dipenda, ma mi sono fatta una teoria a riguardo: il fatto che l’opera d’arte sia un pezzo unico, tende a giustificare il risultato senza peoccuparsi del mezzo; per di più, in un mondo dove prevale l’immagine finale sul processo, tendono ad esserci critici e insegnati con meno consapevolezza, senso critico e curiosità, conditi ad una variabile dose di narcisismo che guardano alle opere senza considerare il modo in cui sono state fatte, un pò perché il risultato è ciò che per loro conta, un pò perché non ci pensano proprio, di conseguenza non se lo chiedono proprio. Il risultato è un approccio più o meno superficiale. In realtà ho sviluppato questo punto di vista sia perché raramente i musei che organizzano mostre di arte contemporanea offrono percorsi interessanti, sia perché una volta ho partecipato ad una conferenza all’Accademia di Belle Arti di Roma e sono intervenuta dichiarando il mio disappunto rispetto all’opera Trash Man:

    Condannavo che la base di ogni uomo fosse di poliuretano e che non fossero composti solo da materiale di scarto compattato, cosa che sarebbe potuta essere possibile, per la natura del materiale utilizzato (lattine), e avrebbe reso il progetto coerente. Sono stata letteralmente “mangiata” perché quella è “un’opera meravogliosa che dice che noi siamo prodotti e quindi la Sua affermazione è totalmente fuori luogo”. Vabbè…comunque io resto della mia opinione: quell’opera ha un grande impatto visivo ma è una contraddizione intrinseca, perché molto inquinante e temporanea, poiché il poliuretano non dura per sempre ed ad un certo punto comincerà a sgretolarsi…altro che consapevolezza ecologica!

    Tuttavia, nel mondo underground sono nate realtà artistiche interessanti, alcune delle quali hanno conquistato anche il mondo artistico “ufficiale”:
    – Gli artisti dei Reverse Graffiti invece sono assolutamente e totalmente sostenibili. Non conosco i nomi degli artisti ma questo video e quest’altro video. Sostanzialmente, invece di apporre materiale, come può essere il colore nel graffito tradizionale, loro lavano via la fuligine dell’inquinamento atmosferico depositata dalle superfici verticali, ormai annerite, delle nostre città. Il risultato è semplicissimo e, proprio per questo, strepitoso: immagini bicolori, che comunicano a 360° denunciando (come nel caso dei due video) la pessima qualità atmosferica delle metropoli.
    Banksy che è ormai (giustamente) un’artista di fama internazionale che si è distinto proprio per lo spirito a volte critico e altre ironico dei suoi messaggi, quando la street art (almeno per come la conoscevo) non usava mai il segno per comunicare un punto di vista o per denunciare e neanche per interagire col contesto.

    E’ vero pure però che Banksy fa attenzione alla natura del materiale che usa solo da un punto di vista semiotico, tralasciando totalmente quello ecologico. Tuttavia l’impatto ecologico credo sia basso perché utilizza e modifica oggetti esistenti, insomma il suo approccio è una sorta di ready-made.

    Blu che è ormai anche lui (giustamente) un’artista di fama internazionale che si è distinto non solo per il suo spirito critico, ma anche per la fantasia. Usando segni infantili, primondiali Blu racconta metafore attraverso il linguaggio degli oggetti e dei soggetti della vita quotidiana.

    Per dipingere le facciate degli edifici usa gli strumenti solitamenti associati ai muratori, quindi anche i bidoni di vernice…non so di che tipo, si potrebbe mandare mail x togliersi il dente… 😉
    Mutoid, gruppo di scultori post punk di Londra, trasferitosi nel 1989 in Germania e a inizio anni ’90 in Italia, nei pressi di Santarcangelo di Romagna, dove fondano Mutonia, “villaggio degli scarti”, dove continuano a svolgere attività performative e visuali a difesa del libero arbitrio e del recupero del rapporto dell’uomo con la natura in un’ottica post-industriale.

    Mutonia viene sfrattata nel luglio 2013, come si legge su WIkipedia. Da qui, la rivolta popolare, che è arrivata in parlamento.

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